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Dio Padre si rivela con tutta la sua Magnificenza, esortando i popoli d'Europa a non cedere al nemico, l'antico avversario, per non fare anatema.

La voce:

«Ecco, dall’alto del mio trono Io il Signore vedo tutto quello che è nel cuore dell’uomo da Me creato. Vedo il peccato come vedo il sacrificio e l’espiazione dei miei figli, a Me assidui osservanti della mia Parola. Il peccato è in abominio a Me il Signore e fa di voi dei figli increduli.

Io sono Dio l’Altissimo e a Me dovete portare l’obbedienza, perché è la prova di voi stessi per la vita eterna.

Dico a te figlia cara: “continua a scrivere quello che sto per dire”.

L’Europa intera Mi ha dimenticato e dovrà espiare il suo peccato, sarà battuta e rigirata, un cambiamento totale dovrà subire. Popoli d’Europa ascoltate la voce di Dio che viene a dirvi di non concedervi a Satana, l’eterno avversario di Dio e vostro. Esso vi trascina nel male più nefasto. Il vostro orecchio e la vostra mente non porgete a colui che è l’artefice del peccato, non fate morire la vostra anima1.

Figli non allontanatevi da Me, Io Dio l’Altissimo vi ho mandato il mio Unigenito Gesù Cristo, Egli nel mondo ha portato la Salvezza, l’Amore. La maggior parte di voi ha corrotto il proprio cuore e continua a fare anatema. Ritornate a Me con pentimento e offritevi al Sacrificio Eucaristico, offrendo voi stessi con atti di riparazione e, disposti con il cuore e con la mente, a cibarvi del Corpo e Sangue di Gesù, lasciato per voi come dono di Sé per la vostra redenzione.

Ed ora figlia mia, Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo ti danno la loro Pace».

Nota 1

Nel capitolo 41 del Siracide, che è una parte dei libri sapienziali, si narra ciò che è già chiaro ai nostri occhi: la morte è uno spettro su chi si gode la vita in ricchezza ed egoismo, poiché colui che conduce una vita simile ama non la vita in sé, ma la ricchezza che egli possiede: gli dispiace dover lasciare la felicità e l’agiatezza e per questo teme la morte. Al contrario, un uomo che non possiede nulla e che vive la propria vita in sacrificio, attende la morte con spirito diverso, quasi come una liberazione. Qui possiamo vedere la distinzione tra i giusti e gli empi: i primi attendono la morte, perché sanno che con essa non viene posta la parola fine sull’esistenza; gli empi, invece, temono l’arrivo della morte perché sono terrorizzati dalla fine, dal nulla. Basti ricordare la narrazione di un uomo di Roma: quest’uomo, molto potente e di prestigio, aveva vissuto la sua vita nell’agiatezza e nel potere. Ora, divenuto vecchio, vedeva avvicinarsi lo spettro della morte e il terrore gli prese l’anima perché più di tutto temeva il nulla. Appena sentito parlare di Cristo, cominciò a nutrire speranza perché l’uomo ha bisogno di questo: ha bisogno di sperare che la morte sia solo un passaggio e non la fine di tutto. Gesù Cristo rappresenta questa speranza e per questa verità alcuni di noi attendono la morte con spirito diverso, anche se la paura a volte prende il nostro cuore, soprattutto quando il peccato è presente dentro di noi. Questo avviene perché l’anima nostra teme il giudizio finale e sa che se la sua ora venisse in presenza di peccato mortale, non avrebbe speranza di raggiungere Colui che l’ha creata!

Nel Cantico delle Creature San Francesco disse: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no ’l farrà male”.

Siracide 41:4

«Questo è il decreto del Signore per ogni uomo; perché ribellarsi al volere dell’Altissimo? Siano dieci, cento, mille anni; negli inferi non ci sono recriminazioni sulla vita».

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